CAPITELLO DEL BEATO LORENZINO
Negli atti deliberativi della Vicinia di Valrovina, della seconda metà del Settecento, alla quale partecipavano tutti i capifamiglia, che erano un centinaio, si parla due volte, a distanza di un anno l'una dall'altra, del capitello del Beato Lorenzino. La prima il 25 giugno 1773, quando si riferisce quanto la Giunta aveva potuto costatare di persona, cioè “il gran bisogno che vi è di far accomodar il capitello del beato Lorenzin”, segno che si trovava in condizioni non buone. Lo scopo dell'interessamento non è solo terreno, ma anche d'ordine spirituale. Infatti si afferma subito dopo: “...c'interceda da Dio Signore che ci liberi da disgrazie”. Da queste parole si capisce che negli abitanti era presente una mentalità in cui i Santi avevano un posto di riolievo, di intercessori presso Dio, di protettori della Comunità dalle disgrazie (lutti, alluvioni e miseria) che erano ben più numerose e gravi di adesso. Su questo argomento ci fu quasi l'unanimità: 92 voti favorevoli su 94 capifamiglia presenti. Il lavoro, come del resto la maggior parte degli interventi che avevano un'utilità collettiva, fu fatto con l'aiuto degli abitanti “a rotolo”, cioè a turno o rotazione. Essi dovevano, secondo il solito, “assistere alle fatture necessarie per portare sabion et altro...” Del capitello si discusse anche il 18 agosto 1774. In quell'occasione si parlò del “bisogno di restaurar e ridur in forma più decente il capitello del beato Lorenzino martire e nostro avvocato”. Per tale lavoro furono impiegati “a soldo”, cioè a pagamento, dei murarie “a corvè” (prestazione gratuita) gli “abitanti tutti del Comun, che sono capaci”.
Gastone Favero